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Socializzare attraverso il videogioco è possibile?

Tramite la virtualità del video game sembra difficile che possa realizzarsi la medesima attività socializzante che si esperisce nel mondo cosiddetto "reale". Se non è bastato il lockdown a rendere chiaro che i videogiochi possono essere buoni alleati per uscire dall'isolamento, le innovazioni del mondo videoludico e uno studio del Pew Research Center ci parlano definitivamente di un'altra realtà.


Mettiamoci per un momento nei panni di un genitore. Torna a casa da lavoro e la prima cosa che vede è il proprio figlio con gli occhi puntati sullo schermo al quale è collegata la console. Sembra che non intenda staccarli dal suo videogioco preferito, neppure per salutare. "Non sarebbe meglio se uscisse con i suoi amici?" si chiederà la mamma o il papà. Posta questa domanda, il passo successivo è presto fatto: i videogiochi sono identificati come la causa della solitudine del ragazzo.

Ma è proprio vero che i videogiochi conducono inevitabilmente all’isolamento, negando ogni forma di socializzazione?

No, non è così. Seppure non si debba sminuire il problema, talvolta anche patologico, del videogioco come mezzo utilizzato per distaccarsi completamente dal resto del mondo, si può affermare che i video games in genere rappresentano un validissimo mezzo per socializzare.

Il Pew Research Center, istituto statunitense con sede a Washington, che fornisce informazioni su problemi sociali, opinione pubblica, andamenti demografici sugli Stati Uniti e il mondo in generale, ha voluto approfondire questo tema, in particolare nel capitolo 3 di uno dei suoi studi, Teens, Technology and Friendships.

Dalla ricerca si evince come negli ultimi anni il mondo del videogame sia cambiato, con l’introduzione della modalità multiplayer e dell’online, che hanno aumentato la possibilità di interagire e socializzare durante il gioco. Secondo lo studio, l’89% dei giocatori gioca con amici che conosce di persona, il 54% con amici conosciuti online e il 52% con altri players online, che non conosce. Più della metà degli adolescenti ha fatto nuove amicizie online e un terzo di loro (36%) afferma di averle fatte proprio mentre giocava ai videogiochi.

A rendere possibile la socializzazione attraverso i video games sono anche due strumenti molto importanti: la chat e la connessione vocale. Sia con gli auricolari che di persona, se si trovano nella stessa stanza, i ragazzi parlano tra di loro mentre giocano. Quasi nove su dieci (88%) affermano di parlare con i propri amici durante il gioco online. La percentuale cala leggermente se ci si concentra sulle ragazze che lo fanno (52%). La comunicazione può anche non avvenire verbalmente, ma tramite messaggi scritti in chat.

La survey americana dimostra infine come l’84% dei ragazzi dichiari di sentirsi più in contatto con gli amici quando gioca. Anche in questo caso cala leggermente la percentuale per le ragazze (62%).

Legati al tema della socializzazione tramite i video games, vi sono i giochi di ruolo online in modalità multiplayer, in inglese Massively Multiplayer Online Role Playing Game (MMORPG).

Comune a molti giochi di questa tipologia è l'ambientazione fantasy. Associate ai giochi MMORPG, nascono comunità virtuali nelle quali ciascun membro può costruirsi un ruolo, interagendo con gli altri giocatori. Sentirsi parte di una comunità è uno degli elementi che attrae i players verso questa categoria di videogiochi. Sono le persone, infatti, ad esercitare attrattiva, più che il videogioco in sé. Tanto che non è raro che intere comunità virtuali decidano, a un certo punto, di migrare in massa dal videogioco nel quale si sono costituite verso un altro.

Un fenomeno particolare di questa categoria di videogiochi è quello delle cosiddette gilde, cioè gruppi di giocatori abbastanza numerosi guidati da leader. Le gilde sono i luoghi in cui si costruiscono la maggior parte delle amicizie virtuali a lungo termine.

Attorno a questi giochi ruotano pareri controversi, tra chi sostiene che questi allontanino il giocatore dal mondo reale e chi invece li ritiene ottimi strumenti per lo scambio sociale.

Secondo una ricerca di qualche anno fa, gli utenti appassionati di giochi di ruolo online hanno relazioni interpersonali meno soddisfacenti rispetto ai non giocatori o ai giocatori meno assidui, e hanno la tendenza a stabilire legami significativi online perché non riuscirebbero a essere pienamente sé stessi al di fuori dai video games. Appartenere a una gilda attenua i sintomi dell'ansia sociale generata da questo senso di inadeguatezza, ma di fatto, secondo la stessa ricerca, non sviluppa in questi soggetti la capacità di relazionarsi nel mondo detto "reale". La rivista State of Mind, in un articolo del 2014 che si interroga sulle dinamiche relazionali nei giocatori di MMORPG, riporta i risultati della ricerca in questione, assieme a quelli di altre indagini che sembrano condurre nella stessa direzione: i giocatori assidui finiscono per "chiudersi" nel mondo virtuale.

Quello che però viene da chiedersi è: se non ci fossero i videogiochi di questo genere, le persone con qualche difficoltà di socializzazione, non avrebbero uno strumento in meno per esprimere se stessi e per entrare in relazione con gli altri? La contrapposizione tra mondo reale e mondo virtuale, a distanza di alcuni anni dall'articolo, risulta meno rigida. Vi sono infatti diversi casi di persone che hanno costruito una vita nel "mondo reale" a partire da frequentazioni e affetti nati in ambiente videoludico. E se anche la relazione restasse confinata nel mondo virtuale, non sarebbe comunque in grado, come ogni altro rapporto umano, di generare esperienze, sentimenti e scambi soddisfacenti?

Nell'articolo più recente Superare le difficoltà psicologiche è un (video)gioco da ragazzi! Fare Play Therapy attraverso i videogames, pubblicato anch'esso su State of Mind, si fa luce su una serie di aspetti che renderebbero i videogiochi utili ai fini del superamento di alcuni problemi psicologici come traumi, paure, difficoltà di relazione. In particolare, sembra interessante evidenziare che il videogioco, così come ogni tipo di gioco, permette di modellare il comportamento rendendolo più adattivo, agendo come una sorta di campo di addestramento comportamentale. In questo senso, ad esempio, fuori da situazioni patologiche, giocare può sviluppare una socialità che altrimenti resterebbe inespressa, rafforzare quindi l'autostima del giocatore e consentirgli di affrontare situazioni sociali anche differenti da quelle proposte dal videogioco.

Torniamo nei panni del genitore dell'inizio. Probabilmente, anche dopo aver letto questo articolo, proverà la sensazione che il figlio con il controller in mano non stia giocando per davvero in compagnia. Non c'è niente di strano nel suo desiderio di vedere il proprio figlio uscire con gli amici, così come faceva lui o lei alla stessa età. L'obiettivo di questo articolo è fornire delle informazioni che possano ridimensionare almeno in parte il timore che il videogioco porti all'isolamento e aiutare a comprendere un po' di più questa nuova maniera di "essere sociali" che travalica il confine tra reale e virtuale.

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