Abbiamo intervistato Dino, aka Gamercracy, appassionato da sempre di videogiochi che, da circa un anno, fa parte della redazione di I love videogames, un portale specializzato che tratta di video games con articoli acuti e controcorrente
Cominciamo dalla presentazione.
Ciao raga, mi chiamo Dino, aka “Gamercracy”. Diviso tra il lavoro e la famiglia, cerco sempre di ritagliarmi del tempo per la mia passione più grande, quella per i videogiochi. Crescendo, gli impegni si sono moltiplicati ma il fuoco dell’amore per il gaming arde sempre dentro di me. Circa un anno fa ho conosciuto il buon Pietro Iacullo e i ragazzi di I Love Videogames: è stato amore a prima vista. Sono subito entrato in sintonia con il gameplay del progetto e sono stato coinvolto dalla voglia di raccontare ed esprimere la passione verso il medium videoludico. In poco tempo siamo cresciuti e abbiamo parlato di tantissime iniziative made in Italy, come la vostra, riscuotendo un buon successo nel pubblico. (Qui il link allo spazio che I love videogames ha dedicato a EduGamers for kids [N.d.R.]) Questa è la nostra missione. D’altronde il potere e la forza di cambiare, come il mio nick di battaglia suggerisce, è nelle mani dei gamer.
Qual è la tua storia di gamer? A che età hai cominciato e qual è stata la tua evoluzione nel tempo?
Il mio amore per i videogiochi inizia quando avevo 6 anni. All'epoca le console erano dei prodotti semplici con delle capacità e prestazioni lontane anni luce da quelle attuali. C'era un lettore di cassette in stile walkman, una joystick simile a quello di un caccia bombardiere e il tutto si collegava al televisore con la presa scart. Fu mio zio il primo che mi introdusse al magico mondo del gaming e lo fece con la sensibilità di chi il medium lo aveva capito e compreso. Cominciai da lì e poi, passo dopo passo, anno dopo anno, ho vissuto l’evoluzione delle console. Super Nintendo, Sega Mega Drive, Game Gear, Sega Saturn, Dreamcast e ovviamente tutte le Playstation. Loro mi hanno insegnato molto. Diventando grandi si diventa più riflessivi nei confronti di un videogioco. Quando sei adolescente giochi per divertirti, quando sei adulto cerchi di capire il divertimento in tutti i suoi dettagli e come il meta del gioco si comporta. L'unica cosa che non è mai cambiata è stata la passione e l'amore che nutro nei confronti del mondo del gaming e dei videogiochi in generale.
Alcune ricerche indicano che i gamer pensano che il gaming li accompagnerà per tutta la vita. Anche tu sei tra loro? Cosa ti affascina di più nei video games?
Sinceramente la penso anch'io così. Al momento non ho nessuna intenzione di smettere. Considero i videogiochi, al pari di altri, una sana forma di evasione. Adesso che ho 35 anni, mia mamma, se mi vede “troppo attaccato” alla console, ancora si arrabbia, come se fossi ancora un ragazzino. Ma va bene così. La cosa che mi ha sempre affascinato del mondo Gaming è il concetto di sviluppo e progressione. Si inizia da zero, dalla base, e passo dopo passo si evolve, si migliora, si scoprono mondi e realtà, senza sapere con esattezza dove si andrà a finire. Il piacere della scoperta è una caratteristica tipica dei videogiochi.
Il web vede un proliferare di testate on line dedicate ai video games. Ci aiuti a distinguere nella babele le differenze tra le diverse testate?
Io più che babele la definirei un labirinto. In Italia vi è un numero piuttosto alto di testate giornalistiche e portali di settori che trattano la materia dei videogiochi. I grandi numeri dovrebbero favorire la differenziazione ma, ahimè, si assiste a un appiattimento importante degli argomenti e del modo in cui questi vengono sviluppati. Si assiste alla corsa di chi traduce prima l'articolo americano, senza mai soffermarsi abbastanza sul senso della notizia. Bisogna sempre andare oltre, essere critici e verificare la veridicità della fonte. Una volta letta la notizia italiana andate subito a leggervi la fonte per capire se l’argomento è stato trattato nella giusta maniera e soprattutto se quello che è stato scritto corrisponde al vero. Gli “orrori” di traduzione ci possono sempre stare.
Tu scrivi per I love videogames. Cosa la distingue nel suo progetto editoriale dalle altre testate?
I Love Videogames rispetto alle altre testate e portali, aderisce al suo significato letterale e lo fa vivere nel progetto editoriale. Tutti i ragazzi e le ragazze che scrivono per ILOVEVG credono fermamente in quello che fanno. Noi non traduciamo, raccontiamo. Andiamo oltre le regole precostituite, come appunto il nostro motto suggerisce, Play beyond the rules. Difficilmente nel nostro portale troverete qualcosa di tradotto. Noi amiamo leggere, capire, cogliere per poi raccontare il nostro punto di vista, mettendo sempre il nostro valore aggiunto, il nostro Plus. Forse è proprio questa la forza del nostro progetto ed è anche un po' quello che ci chiedono i nostri lettori: andare oltre la notizia e dire la nostra. Ci divertiamo moltissimo a scovare progetti e iniziative meritevoli, come la vostra, che rendono ancora più bello il mondo dei videogiochi, estendendolo verso un livello e una dimensione nuova e inedita.
La tua è un’esperienza di volontariato, un lavoro pagato oppure un lavoro non pagato?
Nessuno all'interno di I Love Videogames percepisce alcun compenso. Non so se definirlo è una forma di volontariato, invero mi piace più pensare a tante persone che amano e credono in quello che fanno. Mi piace pensare che tutti i ragazzi e ragazze che lavorano per ILOVEVG lo fanno perché vogliono lasciare un segno nella storia della comunicazione videoludica italiana e vogliono dire a tutti “Io c'ero, l'ho fatto io”.
Quali sono i contenuti che caratterizzano questa attività al di là della gratuità?
Volendo utilizzare un'accezione scolastica possiamo dire che l’esperienza in I love Videogames è paragonabile a uno stage formativo. Oltre a capire come funzionano gli editor per web, come per esempio WordPress, si apprende il funzionamento di internet e come, in esso, vengono indicizzati gli articoli. Si apprendono le basi per scrivere un articolo da zero, e come scegliere gli argomenti più interessanti da offrire a un lettore medio. Per farlo non andiamo né in America, né in Inghilterra e nemmeno in Giappone. Ci affacciamo da casa nostra e guardiamo cosa l'Italia ci offre. E, fidatevi, di materiale ce n’è davvero tanto.
È possibile far diventare una professione la comunicazione nei video games? Qual è il percorso che suggerisci ai ragazzini appassionati di giochi?
Sì, può diventare un lavoro. Ovviamente non vi aspettate guadagni stratosferici. In Italia vi sono testate giornalistiche che pagano i propri redattori. Ma prima di arrivare a quel livello si deve fare un po’ di gavetta. Considerate che la scrittura è come un muscolo e come tale va allenata per rinforzarsi e diventare più definita. Scrivete ovunque, nella vostra pagina Facebook, in un blog altrui, anche su Twitter. Non abbiate paura della famosa pagina bianca e poi, quando vi sentite pronti, mandate i vostri articoli prova ovunque, senza aver paura del giudizio degli altri. Tutti quanti noi abbiamo iniziato così. A livello di carriera universitaria sicuramente un indirizzo che verte sul giornalismo e la comunicazione in genere aiuta, ma alla base di tutto ci deve sempre essere la passione. E imparate l’inglese, il mondo del gaming parla questa lingua, per cui chi non la conosce bene è quasi tagliato fuori da questo ambiente.
Tornando alla passione per i videogiochi, nel tuo percorso hai mai pensato di giocare troppo, di esagerare nel gaming?
Sì, mi è capitato tantissime volte di esagerare e non mi vergogno ad ammetterlo. Quando ero un adolescente in più di un’occasione ci sono andato “sotto” per un videogioco. Ricordo ancora quando giocavo a Guild Wars, un famosissimo MMORPG, dove, una volta creato il tuo personaggio, si vive in un mondo Fantasy e immenso. Ebbene la voglia far parte di questo mondo e la voglia di viverlo, mi stava progressivamente facendo allontanare da quello vero. Era diventato più importante perfezionare l'armatura e le skill e cercare di portare a termine difficili quest invece di pensare a studiare e andare bene a scuola. Solo quando vai tanto in basso ti accorgi che l'unico modo per tornare in superficie è quello di mollare tutto. E così ho fatto.
Hai qualche consiglio per i genitori preoccupati di fronte ai comportamenti dei figli reputati eccessivi?
Fino a qualche anno fa avrei detto a un genitore di non preoccuparsi troppo perché alla fine non c'è nulla di allarmante. Adesso che sono passato dall'altra parte della barricata non la penso più esattamente così. Questo non significa che voglia demonizzare il medium videoludico e il mondo dei videogiochi. Cari papà e mamme non vivete nell'ignoranza e informatevi voi stessi sul videogioco con cui vostro figlio gioca maggiormente. Esistono tanti modi per farlo. Dietro le dinamiche di un Gameplay si nascondono tante sfaccettature e in queste si nasconde la scintilla che instaura un interesse. Dovete solo mettervi in gioco anche voi e, se volete, appassionatevi anche voi.
Cosa manca oggi al mondo dei video games per migliorare?
Questa è una bella domanda, anche perché rischio di uscire dal limite di caratteri consentito dal PC. Cerco di concentrare il mio pensiero su quell’unico aspetto che ritengo sia importante per far sì che il mondo dei videogiochi possa migliorare. Si deve valorizzare maggiormente il lavoro degli sviluppatori, coloro che stanno dietro le quinte e creano il nostro divertimento. Vedete, in pochi vanno a vedere come si sviluppa un gioco, e consultare blog ufficiali e canali YouTube in cui gli sviluppatori parlano del loro lavoro. Ed è proprio in questa piccola insenatura che si nasconde il tesoro più bello. Il videogioco, oltre a essere un'opera creativa e dell'ingegno, eredita una parte della vita dello sviluppatore, come se egli volesse donare un lascito verso tutti i gamer. C'è troppa tendenza nel criticare, con estrema facilità, il lavoro degli sviluppatori. Quando ci si accorge di una problematica, bisogna avviare un dialogo costruttivo con i developers anche perché chi paga le conseguenze siamo noi e il nostro divertimento.
Se tu fossi nella condizione di rivolgerti ai grandi player come Sony, Nintendo, ecc. cosa chiederesti loro di fare sotto il profilo della responsabilità educativa?
Innanzitutto gli chiederei di investire molto in questo settore, anche perché la finalità educativa del videogioco ormai è certa e verificata. La capacità che ha un videogioco di trasmettere e sviluppare le cosiddette soft skill, abilità che difficilmente si possono apprendere a scuola o sul mondo del lavoro, oramai è una certezza. Sarebbe bello, quindi, che le major iniziassero a sviluppare programmi ad hoc per far prendere coscienza del potenziale nascosto del mondo del gaming.
Un passo importante deve essere mosso verso lo sviluppo di un sistema di consapevolezza e di sostenibilità di progetti a lungo termine. Si deve elevare il lavoro degli sviluppatori indipendenti. Loro possono rappresentare il futuro del gaming di qualità.
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